sabato 26 gennaio 2008

Come nacque e cosa rappresentò la dispensa "L'ambiente di lavoro"

Testimonianza di Ivar Oddone (1)

Mi è stato chiesto di riassumere che cosa fu l'esperienza che ha prodotto la dispensa "L'ambiente di lavoro". Da quale esigenza nasceva il movimento che l'ha originata e che cosa ne scaturì. Lo spazio che mi è concesso è estremamente limitato. Non parliamo del tempo per poter tradurre in parole quaranta anni di esperienza(2).

Posso dire che solo in Italia il movimento operaio ha saputo affrontare in modo gramsciano(3), cioè con un atteggiamento egemonico, il problema della nocività dell'ambiente di lavoro. Per egemonico intendo quello che allora si definiva "non delega" da parte dei lavoratori. Non limitarsi soltanto a denunciare le situazioni di rischio e a delegare chi "di dovere", ma prendersi in carico, nell'ambito delle regole, di contribuire a creare dei posti di lavoro che permettessero loro di non avere conseguenze sulla salute e, in prospettiva, di esprimere il massimo delle loro capacità produttive come esseri pensanti.

La dispensa ha richiesto un certo numero di anni, cinque come minimo. Passavo il mio tempo all'università, nella sezione universitaria dell'ospedale. Talora anche le feste. Al mattino e al pomeriggio (tutto o in parte). Mi guadagnavo da vivere con un'ora nell'ambulatorio della mutua dalle 19 alle 20, poi facevo le visite a domicilio, poi la cena, poi scrivevo. La Quinta Lega Mirafiori(4) era il mio terreno di ricerca. Era una "azione-ricerca" che non consideravo come una ricerca medica tradizionale, degna dì pubblicazione. Solo anni dopo, Federico Butera(5) seppe definire adeguatamente queste ricerche, definendole "irrituali". Non altrimenti l'insieme degli "uomini di Mirafiori" lavoravano come volontari nella Quinta Lega prima o dopo le tradizionali otto ore di lavoro in fabbrica.
Da quale esigenza nasceva? Dalle situazioni di nocività di fatto e ancora più dalla domanda di cambiare la situazione dei lavoro in senso ergonomico. L'Ergonomia, come approccio scientifico e come disciplina, nasceva in quegli anni in Europa ed in America. Il riferimento: "adattare il lavoro all'uomo". Il movimento sindacale italiano ha scritto nella storia un capitolo che nessun altro paese ha saputo scrivere in termini di lotta per adattare all'uomo che lavora il posto di lavoro. Norbert Wiener, il padre della cibernetica (la scienza che studia le informazioni ed il controllo delle informazioni negli animali e nelle macchine...la base della metodologia che governa le imprese spaziali), scriveva negli anni '60 (nella prefazione a Human use of human beings): "...l'organizzazione del lavoro attuale sa utilizzare solo un milionesimo delle capacità cerebrali dell'uomo... un giorno l'uomo si ergerà in tutta la sua statura...".

Io avevo delle conoscenze mediche, loro avevano delle conoscenze che permettevano di "indovare"(6) i rapporti tra la situazione produttiva e la situazione di salute. Lo scambio avveniva in molti modi. Il problema fondamentale che si pose allora: comunicare tra un medico e dei lavoratori a proposito della situazione di lavoro e delle malattie che ne potevano derivare. Qualcuno ha scritto (Winograd e Flores due informatici cileni coinvolti nella tragedia di Allende fuggiti allora negli Usa) che il linguaggio o è condiviso oppure l'interfaccia fra i due linguaggi impedisce la comunicazione. In questa situazione o si crea la consapevolezza del breakdown, cioè dell'esigenza di un linguaggio nuovo, oppure si usa il linguaggio precedente, annullando il problema e la possibilità di comunicare in modo efficace.

In altre parole abbiamo dovuto prendere atto che i problemi che avevamo di fronte non erano comprensibili né con il linguaggio medico, né con il linguaggio operaio sindacale allora attuali. Dovevamo costruirne uno nuovo che potesse servire come interfaccia fra la rappresentazione della condizione di lavoro da parte degli operai e la conoscenza della comunità scientifica medica, che astraeva dai posti di lavoro concreti, perché non li conosceva. Abbiamo dovuto inventare la tecnica delle "istruzioni al sosia". Si trattava di dare le istruzioni su quello si faceva rispondendo alla domanda: fa conto che io sia il tuo sosia ed immagina che io debba sostituirti nel tuo lavoro in modo che non ci si accorga che non sei tu". Su questa base preparavamo l’incontro del delegato sindacale con l'azienda simulando la situazione della trattativa. Il delegato rappresentava se stesso, io rappresentavo il medico di fabbrica, altri rappresentavano l’azienda, altri il sindacato. Abbiamo costruito così gli elementi essenziali della dispensa. Abbiamo cercato una soluzione grafica, rifiutando molte proposte per rappresentare "l’omino", accettando infine quella di un architetto. La montagna, in termini di prodotto, ha infine partorito... le 54 pagine della dispensa "L'ambiente di lavoro".

La dispensa è stata "testata" attraverso anni di formazione alla scuola sindacale di Ariccia. Che cosa è scaturito dall'uso di questa dispensa è rappresentato dal materiale del CRD (Centro Ricerche e Documentazione Rischi e Danni da Lavoro(7)), che rappresenta veramente la risposta a "che cosa ne scaturì". Questo materiale è, secondo me, ancora tutto da elaborare, soprattutto in funzione dell'utilizzazione che può esserne fatta per approntare degli strumenti che permettano ai giovani di utilizzare, nell'ambito delle loro esigenze, l'esperienza legata alle lotte per migliorare l'ambiente di lavoro in Italia.

Se in un prossimo futuro questo materiale fosse disponibile "on-line", ciò significherà continuare, ed in condizioni migliori, soprattutto per la presenza dei giovani, il lavoro di scambio tra lavoratori ed esperti dell'organizzazione del lavoro. Fra gli altri, i medici, non solo del lavoro ma anche di famiglia, "di base" come si suole dire adesso, gli unici che hanno la possibilità di considerare dal punto di vista medico l'uomo nella sua totalità e nella sua quotidianità.

(1) Medico, è stato il curatore della dispensa "L'Ambiente di Lavoro" e ha collaborato lungamente con i sindacati torinesi. Ha insegnato Psicologia del lavoro presso l'Università di Torino.

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