sabato 26 gennaio 2008

Gastone Marri e Bruno Trentin: due protagonisti della lotta per la salute in fabbrica

di Diego Alhaique

Immaginate di lavorare in una fabbrica negli anni Sessanta. Alte temperature, forte umidità, poca ventilazione, rumore assordante.E poi gas, vapori, fumi, polveri, alte concentrazioni di sostanze tossiche. L’indice infortunistico era di 200 casi ogni mille lavoratori. Oggi è attorno a 40. I morti erano più di tremila. Quelli solo per infortunio. Quelli per malattia erano circa 800. Ma i risultati di quella nocività li stiamo raccogliendo ancora oggi. Come i morti per amianto: mille ogni anno.

Immaginate ora una sera d’inverno agli inizi del 1961, un treno che parte da Roma per Torino.
Sui sedili di legno viaggeranno tutta la notte un gruppo di sindacalisti della Cgil, tra cui Gastone Marri, Bruno Trentin, Angelo Di Gioia. Tranne quello di Trentin, nomi quasi tutti sconosciuti ai più, ma grandi e stimati dirigenti del movimento sindacale. Vanno a Settimo Torinese, ad un incontro con la Commissione interna della Farmitalia.

Gli operai hanno deciso di fare un’inchiesta in tutto lo stabilimento per documentare le condizioni di lavoro, non più sopportabili per la loro salute e proporre una piattaforma rivendicativa che elimini i fattori di nocività e d’infortunio.

Comincia qui, con l’inchiesta alla Farmitalia di Torino, la storia di una vera e propria “rivoluzione copernicana” con la quale gli operai e le loro organizzazioni posero al centro del sistema lavoro l’uomo che lavora (e la donna lavoratrice, naturalmente) e la loro salute, ribaltandone la subordinazione al processo produttivo, fino ad allora dominante.

Gastone Marri fu ispiratore e guida consapevole di quel movimento. Infatti, per essere stato dal 1974 al 1980 il Coordinatore del Crd, Centro ricerche e documentazione della Federazione Cgil-Cisl-Uil e, prima ancora, direttore della scuola di formazione dell’Inca a Grottaferrata e capo del servizio infortuni e prevenzione dello stesso Patronato, egli stesso riconosce, – in uno bilancio scritto nel 1980 - di aver avuto la maggiore responsabilità organizzativa in quel “lavoro di maglia” attraverso il quale, nell’arco di vent’anni, si costruì la rete di comunicazioni indispensabile alla socializzazione delle esperienze e delle conoscenze, che costituì il tessuto connettivo della “nuova comunità scientifica allargata”, quella che vide, appunto, nuclei sempre più numerosi di operai e lavoratori unirsi in un fecondo rapporto di confronto con i tecnici, elaborare un linguaggio comune per lottare contro la nocività dell’ambiente di lavoro e conquistare risultati concreti e diffusi di riduzione e di eliminazione dei rischi mai ottenuti prima di allora.

Uno dei meriti del movimento sindacale italiano degli anni Settanta fu quello di aver saputo associare, alle lotte sugli obiettivi salariali, rilevanti rivendicazioni di potere, proprio a cominciare dal controllo dell’ambiente di lavoro, con la conquista contrattuale di strumenti quali le “commissioni ambiente”, i registri dei dati ambientali e “biostatistici”, i libretti sanitari individuali e di rischio. Erano questi gli elementi fondanti di quella che abbiamo chiamato “rivoluzione copernicana” nella concezione della salute. Questa veniva posta al centro delle rivendicazioni sindacali, abbandonando la linea della sua “monetizzazione” (indennità di rischio e per nocività) – da cui lo slogan “la salute non si vende” – e perseguendo il principio del rifiuto da parte degli operai di delegare ai tecnici la propria salute, teorizzando il diretto intervento nell’individuazione dei rischi e “validazione consensuale” delle soluzioni di prevenzione da adottare. In ciò consisteva, in sintesi, la metodologia operaia, iniziata con l’inchiesta alla Farmitalia e che si diffuse ampiamente non solo nel nostro paese, ma col nome di “modello operaio italiano” ebbe fortuna anche in Spagna, in Brasile e in Argentina. La famosa dispensa a fumetti “L’Ambiente di lavoro” fu tradotta persino in Giapponese e utilizzata dai sindacati di quel paese.

I risultati si concretizzarono in un sensibile abbattimento del tasso infortunistico, nella bonifica dell’ambiente di lavoro in migliaia di aziende (ricordo per tutti il reparto Verniciatura della Fiat Mirafiori) e rilevanti conquiste contrattuali e legislative. Ricordiamo fra tutte lo Statuto dei diritti dei Lavoratori (art. 9: diritto dei lavoratori a partecipare tramite le loro rappresentanze all’individuazione delle misure di prevenzione in azienda) e l’istituzione del Sevizio sanitario nazionale, con i servizi territoriali per la tutela della salute nei luoghi di lavoro.

Essa rappresenta la summa del “sapere operaio” per la tutela della salute, ideata da Ivar Oddone - grande figura di medico e intellettuale che ha dato un grandissimo contributo alla nascita e allo sviluppo della cultura della prevenzione – ma frutto di un lavoro congiunto con operai, tecnici, sindacalisti della Camera del lavoro di Torino e della Fiom, e a cui contribuirono lo stesso Marri e Sandra Gloria, sua moglie, Roberto Tonini e altri ancora.

Marri arrivò nella capitale da Massa Lombarda (Ravenna) nei primi anni Cinquanta, dove era nato nel 1921. Giovanissimo aveva partecipato alla Resistenza. A Roma divenne subito dirigente del patronato Inca Cgil, ove operò a lungo, influenzando con le sue idee l’attività di tutela dei lavoratori e la politica di tutto il sindacato, introducendo la cultura della prevenzione e indicando le vie per un reciproco rafforzamento tra l’affermazione dei diritti previdenziali e quello alla salute dei lavoratori. Simbolo e strumento di quest’opera fu il Crd, Centro ricerche e documentazione sui rischi e danni da lavoro, costituito per iniziativa di Marri nel 1965, così come la rivista “Medicina dei Lavoratori”, fondata insieme a Rosario Bentivegna e Marcello Marroni, altri due medici che hanno dedicato la loro vita alla causa della salute dei lavoratori.

La pubblicazione di “Medicina dei Lavoratori” iniziò nel 1968 come supplemento di “L’Assistenza sociale” (periodico istituzionale dell’Inca fino a pochi anni fa), per poi proseguire come rivista unitaria sotto il nome di “Rassegna di Medicina dei Lavoratori”, che divenne testata autorevole in materia di salute dei lavoratori non solo nel sindacato ma anche nella comunità scientifica.

Anche il Crd divenne ben presto il centro propulsore e il punto di riferimento più seguito dell’evoluzione politica e culturale in materia di prevenzione e di tutela della salute nel lavoro per tutto il movimento sindacale. Il Centro operò poi come struttura della Federazione unitaria Cgil-Cisl-Uil con Marri direttore dal 1974 al 1980.

Marri rappresenta quindi la figura più prestigiosa che ideò e propugnò il modello sindacale per il controllo dell’ambiente di lavoro contro la nocività ma anche è il simbolo di tanti come lui che hanno lottato per migliorare le condizioni di lavoro nel nostro paese.

Ricordarne l’opera attraverso il premio giornalistico a lui dedicato significa riproporre oggi i valori di quel grande movimento di operai, lavoratori e sindacalisti, tecnici e medici, che dall’inizio degli anni Sessanta per circa un ventennio diede vita a quella “rivoluzione copernicana” nella concezione della salute nel lavoro.

Marri, in un’intervista nel 2002 per “Quaderni di Rassegna sindacale” ricorda – sono sue parole – “come Trentin conclude un suo bel libro (Il biennio rosso, Editori Riuniti) dicendo che bisogna ripartire dall’esperienza di quel periodo degli anni ’60 e ‘70, rivisitarlo e assumerne gli elementi nella nuova situazione di oggi. Sono molto d’accordo con lui e credo che alcuni spunti possano esser anche contenuti in tutta la ricca esperienza fatta in Italia sulla salute lavorativa, la cui vera storia è ancora da scrivere”.

Con il Premio Giornalistico Marri noi di Articolo 21 vogliamo contribuire a questo obiettivo. Vorrei ricordare a questo proposito l’epigrafe di Karl Marx, posta nella prima pagina del questionario che era stato indirizzato ai lavoratori più di un secolo e mezzo fa: “Il capitale non ha riguardo per la salute e la durata della vita dell’operaio, quando non sia costretto a tali riguardi dalla società”.

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