domenica 20 gennaio 2008

Promozione della salute dei lavoratori

A Giugno del 2007 a Torino, promossa dal Ministero della Salute e da quello del Lavoro si è tenuta la 1° Conferenza Nazionale su Salute e Sicurezza.
Ha colpito (in maniera del tutto positiva) come fatto mediatico, la dolorosa testimonianza di 10 casi di lavoratori danneggiati.È mia opinione che importanti contributi e interventi si siano quasi tutti fermati sulla soglia delle proposte di intervento concreto. Che infatti non ci sono state. Salvo importanti contributi rispetto alla modifica di normative (vedi ad es. sul testo unico);

I costi di mancata salute

La situazione al 1966

  • 4 morti al giorno;
  • 876.000 infortuni all’anno;
  • 8.800 ca. malattie professionali;
  • Costo in mancata salute = 55mila miliardi di Lire;

La situazione al 2006

  • 4 morti al giorno;
  • 916.000 infortuni all’anno;
  • 24.000 ca. malattie professionali;
  • Costo in mancata salute 41 miliardi di € (ca. 80mila miliardi di Lire);

Occorre sapere che l’80% degli infortuni avviene nelle imprese con meno di 15 addetti (fonte INAIL). In queste imprese il Documento di Valutazione dei Rischi (previsto dalla 626) è redatto in proprio dal datore di lavoro. La presenza dei Sindacati in queste imprese in pratica è pressoché nulla, quindi manca il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza.

Per il lavoro da me svolto in anni e anni di attività sindacale su questi problemi se potessi farei i seguenti suggerimenti e proposte:

La patente ai padroni
Chi è l’imprenditore: in genere è un ex lavoratore con una buona professionalità, ma che a differenza di un barista (il quale per aprire un Bar deve sostenere un esame) il nostro per fare l’imprenditore edile o altro basta che vada ad iscriversi alla Camera di Commercio. Il nostro ha chiaro un obiettivo: farsi ricco in fretta (almeno questa è la sua chiara aspirazione). Non sa nulla né del Diritto del Lavoro in Italia, né della Legislazione alla Salute e Sicurezza. Occorrerebbe quanto meno prima della sua “intrapresa” fargli fare un breve corso di formazione ed un relativo esame per poter fare l’imprenditore.

La catena del sub-appalto
rompere la catena del sub-appalto e delle esternalizzazioni a partire da due categorie: gli EDILI e le IMPRESE DI PULIZIA – aumentare i controlli – inasprire le pene – aumentare il potere di controllo e di contrattazione dei lavoratori.

Dei premi e delle pene

  • occorre andare ad una diversificazione robusta delle pene e dei premi per gli imprenditori, es.:
  • occorre verificare la possibilità giuridica dell’interdizione (per n° anni o per sempre) alla professione di imprenditore per coloro i quali per mancata e manifesta protezione dei lavoratori sono causa di morte per i lavoratori stessi;
  • occorre andare ad una diversificazione dei premi assicurativi molto più robusta degli attuali “bonus – malus”: chi spende per la prevenzione (che altro non è che spendere per l’innovazione) e la formazione va premiato, chi non spende va punito;
  • l’INAIL deve sempre garantirsi una sorta di “rivalsa” nei confronti di quelle aziende che “sapevano e non si sono adeguate”;

I punti per gli appalti

  • così come valgono i “punti di penalità” per le infrazioni che commettono gli autisti a bordo delle loro automobili, occorre precisare quali “punti di penalità” occorre introdurre per quelle imprese (specie per quelle che lavorano in appalto, ma non solo) in occasione delle gare di appalto, specie per le gare di opere pubbliche;
  • in pratica chi per manifesta responsabilità è stato causa di infortuni (e malattie professionali), “aspetta un giro” o non entra in gara;

Le gare di appalto

  • Basta leggere il settimanale del “Sole 24ore”, Edilizia & Territorio per rendersi conto che il meccanismo della gare di appalto fa acqua. Non è possibile accettare dei ribassi che vanno dal 10% fino al 61%!. Delle due l’una, o sbaglia che fa i preventivi o chi fa di queste offerte… trucca! Con questi ribassi ci sono gli infortuni annunciati.
  • La legislazione degli appalti va rivista, nelle percentuali del subappalto, nell’aggiudicazione dei lavori all’offerta più vantaggiosa anziché al minimo ribasso, nelle esecuzioni dei lavori sotto la soglia da parte di consorzi o società multiservizi.

Ruolo dell’ISPELS

  • A livello di ISPELS va potenziato attraverso un sorta di “obbligo” alle ASL e ai loro ispettori, la banca dati delle soluzioni: all’onore del mondo quelle aziende, quegli imprenditori, quei tecnici che pur facendo profitto, fanno prevenzione e tutela della salute dei loro lavoratori;
  • Tale banca dati occorre che sia conosciuta dalle Aziende così come dai RLS e dai lavoratori: "lavoro in una carpenteria, voglio sapere se in Italia c’è una carpenteria che abbia bonificato l’ambiente di lavoro e tutelato la salute dei lavoratori".

La 1° proposta: Promozione della salute dei lavoratori

La situazione attuale

  • È caratterizzata dai molti limiti nella applicazione della 626: il tutto si è rilevato una montagna di carta: molta protezione poca prevenzione, di difficile comprensione da parte persino del RLS, per non dire del mancato coinvolgimento dei lavoratori interessati;
  • Deriva dal progressivo passaggio dalle malattie specifiche, dove esiste un chiaro “nesso causale” (es. rumore: sordità) alle malattie aspecifiche dove il nesso causale è più improprio (es. i traumi da sforzi ripetuti: le “tendiniti”) e dal contemporaneo comportamento dell’INAIL che da una parte non riconosce tali malattie e quando lo fa non le indennizza.
  • Occorre inoltre interessare il medico di base sulle 8 ore che un lavoratore passa in un luogo di lavoro, esposto a una serie di rischi. Tale medico di base non sa quasi nulla di queste 8 ore e riconduce tutto ai cosiddetti “stili di vita”, mentre fa parte delle sue competenze l’accertamento e la denuncia all’INAIL delle malattie professionali riscontrate tra i suoi pazienti.

La situazione attesa

  • Ciascun lavoratore ha diritto di ricevere una informazione adeguata in termini di prevenzione e protezione; ai sensi dell’art. 21 del D.lgs. 626/94, essa deve essere resa in forma agevolmente comprensibile.
  • Affinché il lavoratore possa concretamente esercitare il suo diritto all’informazione e alla formazione, è necessario rendere il Documento di valutazione del rischio, sintetico, comprensibile e di facile consultazione da parte del lavoratore;
  • Ogni lavoratore, nella propria unità produttiva, deve poter accedere e consultare a mezzo di un PC la “sintesi del Documento di valutazione del rischio”, che sarà opportunamente installata sul PC stesso, con possibilità di stampare le parti che lo interessano;
    In assenza dei PC le informazioni devono essere messe a vista: con dei tabelloni e poter essere fornite ai lavoratori su supporto cartaceo;

La tabella del posto/i di lavoro (dati da mettere in un data base)

  • Determinanti del rischio (le fonti e i fattori di rischio)
  • Rischi di…
  • Intensità del rischio e n° esposti
  • Organi colpiti
  • Mezzi protettivi (elenco DPI messi a disposizione
  • Programma delle misure di prevenzione (il cronoprogramma)
  • Rischi esterni

Alla Regione Piemonte si potrebbe chiedere di fare da “sponsor” per assumere il suddetto progetto almeno in una serie di realtà produttive e di servizi di aziende “pubbliche”, quali:

  1. presso la GTT di Torino e precisamente nelle Officine di manutenzione dei veicoli pubblici;
  2. tra il Corpo dei Vigili Urbani del Comune di Torino;
  3. all’AMIAT di Torino;
  4. in un Ospedale di Torino;
la 2° proposta: Il Tabellone Comunale di Rischio
La situazione attuale

  • La situazione attuale è caratterizzata da una serie di Enti e/o agenzie che hanno tantissime informazioni (dalle ASL, all’INAIL, al DORS, ecc.) ma, pochissimi piani di intervento. Peccato che la cronica carenza di personale ispettivo delle ASL (sono 174 su 225 che teoricamente spetterebbe pari a meno 22,6%) sommata alle attività di routine degli Ispettori ASL lasci tutto alle buone intenzioni).
  • A livello di Promozione della Salute c’è un episodico intervento, attraverso convegni e/o assemblee più o meno mirate, che riguarda però gli “addetti ai lavori” – manca del tutto un riferimento ai cittadini e agli Enti Locali (per tutti valgano i Sindaci dei comuni, che hanno però parecchie prerogative in materia di salvaguardia della salute dei cittadini: vedi le isole pedonali, i sensi unici, le attività ispettive in materia di igiene alimentare, il blocco della circolazione delle auto private in determinate occasioni, ecc., però pochissime sono le esperienze in materia di prevenzione e promozione della salute nei luoghi di lavoro);
La situazione attesa
La proposta potrebbe essere la seguente: in alcune ASL avere una serie di Comuni del Piemonte dove si sperimenta la produzione dei Tabelloni Comunali di Rischio con i seguenti obiettivi:
  1. monitorare i rischi alla salute e l’andamento dei lavoratori esposti e danneggiati, del territorio comunale a partire dai rischi più gravi, più frequenti e/o diffusi presenti nei luoghi di lavoro del comune;
  2. per questa via approntare e verificare i piani di intervento dei diversi enti e/o agenzie che operano sul territorio, sui quali fare i necessari bilanci di attività annuali;
  3. imboccare un percorso che porti il singolo cittadino ad avere coscienza (attraverso la conoscenza) dei rischi alla salute che interessano i lavoratori che lavorano nel proprio comune;
  4. non lasciare solo il singolo lavoratore danneggiato da infortunio e/o malattia professionale: offrire tutto l’aiuto possibile da parte di Enti e/o agenzie preposte (ASL, Medici, Patronati, ecc.);
  5. una volta l’anno mettere a confronto il Sindaco, i Sindacati e i Datori di lavoro per avere una discussione proficua mirata alla riduzione dei rischi e al miglioramento della salute dei cittadini/lavoratori del territorio comunale.
prima ipotesi di Tabellone (e di relativo archivio informatizzato) che dovrà essere esposto in tutti i locali pubblici.

Tabellone di Rischio a livello Comunale

In Piemonte nel 2006

  • 74.023 infortuni di cui 109 mortali
  • 48.018 con invalidità temporanea
  • 1.819 con invalidità permanente

    Gli infortuni e le malattie professionali in Italia costano 41 miliardi di Euro l'anno. Combattere gli infortuni e le malattie professionali (di cui i morti sono 4 volte di più di quelli per infortunio - vedi dati dell'ILO) è un imperativo etico ma anche ineludibile sotto il profilo economico.

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