mercoledì 23 gennaio 2008

Sono figli nostri... i padroncini italiani!

Sarà un po’ una delle mie solite provocazioni (o sarà anche un po’ vero!), sta di fatto che la stragrande maggioranza dei “padroncini” italiani sono figli della classe operaia. Saranno pure un po’ “figli bastardi”, però sono figli nostri. Almeno la miriade di piccoli imprenditori che formano l’attuale struttura imprenditoriale del nostro paese, specie quelli che hanno aziende con meno di 15 o 20 addetti. Il caso più eclatante è quello derivante dalla struttura dell’impresa edile che per oltre il 95% non supera i 10 addetti.

Chi sono? in genere sono ex lavoratori con una buona professionalità, chi ex operai, impiegati o tecnici, figli ovviamente di operai, impiegati, tecnici. Il loro numero aumenta o diminuisce in occasione delle ricorrenti crisi economiche. In questa fascia di imprese vi è il maggior tasso di natalità e mortalità delle imprese (vedi i dati ISTAT). Occorre notare che è anche cospicuo il numero di “padroncini” che arrivano dalla sinistra del nostro paese.

In generale la molla che spinge verso il lavoro autonomo (impresa edile, artigiano, piccolo imprenditore per non dire ambulante, piccolo commercio, ecc.) deriva dal “tentarci” e dalle speranza di fare quattrini, sperabilmente in fretta. I primi tempi (immagino) sono molto intensi e stressanti. Una seconda molla è riferita al fatto che il “tentarci” è per uscire da condizioni di precarietà dovute dalla perdita di lavoro, o dalla perdurante condizione di precario in senso stretto.

La condizione negli ultimi anni è sotto pressione per gli effetti della “mondializzazione” in quanto la piccola impresa in Italia (salvo una minoranza) è parametrata su produzioni a basso valore aggiunto e quindi sottoposte alla concorrenza dei prodotti che vengono dai paesi dell’Est europeo o dai paesi asiatici.

Provo a indagare cosa può essere capitato nelle teste di milioni di persone in questi ultimi 10 o 15 anni. In questi ultimi anni è capitato che un contadino sia diventato operaio, che da operaio sia diventato piccolo imprenditore, che abbia dovuto fare i conti con una burocrazia oppressiva e inefficiente, che da piccolo imprenditore abbia dovuto imparare ad usare il computer, imparare una lingua per poter fare affari con paesi stranieri, che abbia dovuto fare i conti con la mia teoria delle TRE F.

Intanto occorre una premessa: quante aziende (e padroni ci sono in Italia)? io conosco quelle metalmeccaniche (dati INPS): sono 130.000 per 2.003.600 addetti, di cui 320.000 nel settore artigiano (ricordo che l'Italia è quella a maggior presenza di artigianato), settore per il quale in Francia esiste da parte dello stato un sovvenzionamento in quanto essere un settore ad alta qualificazione e a scarso mercato. Gli addetti medi sono 15,5 per impresa! a fronte di un dato francese che dice di 34 addetti medi per impresa e di uno tedesco che dice 48 addetti medi per impresa!

Ancora: come è la composizione di queste imprese? solo 2.700 imprese hanno più di 100 addetti, il rimanente sta al di sotto, con 100.000 di queste che stanno al di sotto dei 50 addetti (sono dati prima del 2000) - ora un'azienda di 50 addetti ha in media 15-20 impiegati - ricordo cha alla FIAT Mirafiori su circa 45.000 addetti gli ingegneri erano 64! e nel 1990 il 40% degli addetti alla carrozzeria di Rivalta aveva la 5 elementare!

La "teoria delle 3 F"

facciamo per ipotesi che io e te, stanchi di star sotto padrone, ci mettiamo in proprio, la prima cosa che ci domandiamo vicendevolmente è quanti soldi abbiamo in banca, per cui incontriamo qui la prima F che sta per capitale Familiare, ma nonostante il "rabastare" tutti i nostri risparmi dobbiamo per forza indebitarci con le banche le quali ci prestano i soldi ad un tasso di sconto maggiore di quanto lo facciano con la FIAT! e se non lo facciamo come facciamo a farci fare il capannone, a comperare le macchine, le materie prime, a pagare i primi stipendi e contributi? - controprova: prova a vedere negli annuari dell'AMMA e dell'API (trattasi della pubblicità dei padroni) il capitale sociale di queste imprese: sono tutte sottocapitalizzate (come giustamente dice Nesi), siamo in presenza di un capitale sociale con somme ridicole.

Dopo di che io e te siamo, tu un tecnico capace e io un operaio di mestiere, e ci mettiamo a fare degli stampi e delle attrezzature, con una cinquantina di dipendenti. Però nonostante tutta la nostra capacità professionale non ne capiamo niente di bilanci aziendali, di partita doppia, di decine di tasse da pagare, di amministrazione, ecc. per cui dobbiamo ricorrere verso uno strato di veri grassatori che sono i commercialisti e i fiscalisti i quali ci mangiano una bella fetta dei nostri profitti ma ci insegnano pure a non pagare il Fisco - e qui incontriamo appunto la seconda F come evasione dal Fisco.

Tra l'altro io e te (uomini di sinistra) pensavamo che il capitalista avesse una capacità di pianificazione di anni, invece (hainoi!) scopriamo che la pianificazione al massimo va verso i prossimi 6 mesi, e così occorre pensare per prima cosa a ricostruire il capitale familiare messo a disposizione dell'impresa, quindi farsi una villa (magari due!), una macchina lunga, e un eccetera molto lungo (se vuoi ti faccio l'elenco di tanti compagni finiti in questa spirale). Ancora: che mentre le banche si comportano nei nostri confronti come degli strozzini, la FIAT (per la quale lavoriamo) ci impone il 5x5 ogni anno (significa che dobbiamo fargli stampi e attrezzature con costi decrescenti) e ci paga fino a 180 giorni, mantenendo noi i magazzini che lei non vuole più avere in omaggio al just-in-time!

Ad un certo punto della nostra attività per stare nei costi e per guadagnarci scopriamo che c'è chi è in grado di farci tutta una serie di lavoretti che ci costano un casino e valgono poco, e così li "esternalizziamo" verso aziendine di una decina di dipendenti, scoprendo così la terza F = Fornitori - così facendo incentiviamo il lavoro sottopagato, in nero, ecc.

Ma quali soldi (una volta arricchiti) avranno mai queste aziende per fare innovazione, formazione per se stessi e per i lavoratori, per fare sicurezza?? Nota bene che i dati INAIL ci dicono che tra gli infortuni (anche quelli gravi e le morti) ben il 40% ca. investono appunto i “padroncini”.

In questi ultimi anni questa teoria si è arricchita di una 4 F che sta per Fallimento - vedi a questo proposito la vicenda della Mandelli o delle Acc. Ferrero che hanno chiuso fallendo, mettendo sul lastrico centinaia di famiglie e disperdendo una capacità professionale robusta. Ora dalle mie letture giovanili ricordo una serie di romanzi della fine ottocento o primi del novecento che raccontavano che il fallito andasse in giro con le "pezze al culo". Ma Mandelli secondo te è con le pezze al culo o pieno di soldi come un uovo?? ora io penso che a queste losche manovre occorrerebbe applicare la legge sulla mafia che requisisce i patrimoni dei mafiosi (e dei falliti!).

E il tutto alla fine sull'altare della vera filosofia del padronato italiano = "farsi ricchi in fretta" (come dice giustamente Volponi nel bel libro "Il Leone e la Volpe" Ed. Einaudi).

E bada bene che facendo questa simulazione ho messo in campo due persone provviste di qualificazione, di capacità, prova solo a pensare cosa accade tutti i giorni nel piccolo commercio, dove un anno fai il pizzaiolo, un anno gestisci un bar, un anno gestisci una jenseria, ecc.: con quale preparazione e formazione?

Un processo quindi di accumulo di esperienza enorme, che solo qualche decennio fa avveniva per la maggior parte delle persone nell'arco di tutta la vita se non di due generazioni. Esperienza che non ha incontrato la "cultura" non solo quella scolastica, ma neanche quella orale, quella legata alle varie associazioni, categorie, partiti, sindacati, ecc.. in un vuoto assoluto insomma.

Ma nella maggioranza di che persone si tratta? Si tratta appunto di persone con una buona professionalità, ma sostanzialmente dei “caproni”. Non sanno nulla né del Diritto del Lavoro in Italia, né della Legislazione alla Salute e Sicurezza. Occorrerebbe quanto meno prima della sua “intrapresa” fargli fare un breve corso di formazione ed un relativo esame per poter fare l’imprenditore. Perché a differenza di un barista (il quale per aprire un Bar deve sostenere un esame) il nostro per fare l’imprenditore edile o altro basta che vada ad iscriversi alla Camera di Commercio. In pratica abbiamo per le strade "degli autisti senza la patente!"

La realtà nel sindacato e nei partiti

Buona parte del "vuoto assoluto" in cui è avvenuto questo accumulo di esperienza è derivato dalla fine di un ruolo "pedagogico" di massa esercitato dai grandi partiti di massa (PCI e DC), dal Craxismo e dalla lenta e progressiva emarginazione e burocratizzazione dei sindacati nelle fabbriche e nella società, e questo bada bene, nel Nord industrializzato!

C’è una citazione di un grande Socialista francese che negli anni ’30 diceva: “la classe operaia essendo figlia della borghesia che la comanda, le somiglia!”. Credo che avesse abbondantemente ragione. Negli ultimi anni della mia attività da sindacalista ho avuto a che fare con circa un migliaio Delegati, della FIOM e di altre categorie non solo in Piemonte ma anche nel resto d'Italia, per via dei miei compiti di formatore (sulla 626), li mettevo insieme a blocchi di 20 per 2 giorni consecutivi. La formazione è sempre un ottimo luogo di osservazione della psicologia degli individui. In Piemonte la FIOM negli ultimi 4-5 anni tra gli iscritti persi e quelli nuovi ha rinnovato per ben il 50-70% la base dei propri iscritti, dal che ne deriva un sostanziale rinnovamento del quadro medio militante. Cosa mi sono trovato di fronte:
  • lavoratori che si danno del lei, che si chiamano tra di loro "colleghi", che non usano più la parola "padrone" diventata una brutta parola, ma datore di lavoro, collaborativi;
  • lavoratori tra l'altro molto più ricettivi di quanto lo ero io alla loro età, molto più sereni di me, comunque gente dalla schiena dritta.

Ma assolutamente "ignoranti" nel senso di ignorare ogni e qualsiasi cosa della storia, delle lotte dei lavoratori; alle mie domande:

  1. datemi una definizione di stato sociale;
  2. quanto pagate in busta paga per lo stato sociale;
  3. quanto paga il padrone (in termini di "salario differito", cosa anche questa del tutto sconosciuta);
  4. cosa avete in cambio dallo stato;
avevo risposte le più vaghe possibili e le meno pertinenti.

Prime conclusioni

Delle due l’una: o si ha una strategia che mira in tempi sufficientemente brevi di ridurre drasticamente il numero di questi “padroncini” o bisogna farci i conti con questa realtà … che va educata!

E io conosco solo due modi di fare “scuola”: la più tradizionale possibile (andare a scuola) e la lotta di classe. Per me non sono in alternativa. Occorre che uno stato degno di questo nome si accolli l’onere di “istruire, educare alle regole del gioco” i propri cittadini e specie quelli che “intraprendono” per gli ovvi motivi di ordine sociale che intervengono nell’intraprendere e la classe operaia (in senso stretto) che in piena autonomia deve “legnare” tutti quei farabutti che per “farsi i soldi in fretta” li fanno morire e infortunare.

Senza dimenticare i “PADRONI”, quelli che magari in questi ultimi anni hanno ristrutturato le loro aziende, rendendole salubri e alcune volte persino gradevoli, ma che hanno la responsabilità di aver “esternalizzato” le produzioni più “sgalfe” nelle aziendine dei “padroncini” fino a finire nell'economia sommersa o malavitosa della camorra. Vedi il bel libro "Gomorra" di Roberto Saviano.

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