giovedì 21 febbraio 2008

La memoria ci può aiutare

di Claudio Mellana

Navigando in Internet nei giorni successivi al rogo della Tyssenkrupp mi sono imbattuto in un intervento del prof. Berrino, Direttore del Servizio Epidemiologia all’Istituto Nazionale per lo studio dei tumori, sull’esperienza sindacale italiana nella lotta contro la nocività dell’ambiente di lavoro a partire dal concetto di gruppo operaio omogeneo. Berrino ricorda che il concetto di gruppo omogeneo, inventato da Ivar Oddone, era diventato un cavallo di battaglia delle lotte operaie per la salute negli anni ’60 -’70. C’erano allora tre concetti guida: il gruppo omogeneo, la non delega e la validazione consensuale. Oddone si era accorto che, incontrando i lavoratori, imparava più lui sulle condizioni di lavoro e sul rapporto tra le loro condizioni di lavoro e le loro malattie di quanto lui non fosse in grado né di conoscere prima, né di spiegare ai lavoratori.

Il gruppo omogeneo è un gruppo di lavoratori che si trova ad operare nelle stesse condizioni di lavoro, magari da 20-30-40 anni e che quindi conosce a fondo queste condizioni, tutto quello che è successo ai compagni di lavoro e di che cosa si sono ammalati. E' il lavoratore competente che sa insegnare al medico dove sono i punti critici. Da questa interazione nasce il concetto di non delega, cioè di non delegare al medico la gestione della salute. Il medico deve prima imparare dall'enorme esperienza di vita dell'utente.

Questo spunto mi ha riportato alla memoria la dispensa sindacale “L’ambiente di lavoro”, curata proprio da Ivar Oddone, uscita per la prima volta nel 1969, con la quale FIOM, FIM e UILM tracciarono le linee guida per la contrattazione in fabbrica delle condizioni di lavoro.
La dispensa è stata ristampata nel 2006 a cura dell’INAIL; vale la pena di chiederla per confermare la validità dell’operazione fatta dall’INAIL (scrivendo a: dccomunicazione@inail.it). La dispensa, è già stata da tempo tradotta in tedesco, portoghese, francese, spagnolo e anche in giapponese, autonomamente dalle organizzazioni sindacali dei diversi paesi. Nel 2007 l’esperienza italiana, torinese in particolare, ha suscitato l’interesse dell’Istituto Laboral Andino (http://www.ila.org.pe/), consorzio realizzato da 15 sindacati di 5 paesi (Bolivia, Colombia, Equador, Perù e Venezuela) che in un intervista ha chiesto al prof. Oddone di riassumere cosa sia stata l’esperienza che originò la dispensa sindacale, da quale esigenza nascesse il movimento che la produsse e che cosa ne scaturì.

Oddone chiarisce che “(…) il Italia il movimento operaio ha saputo affrontare in modo gramsciano, cioè con atteggiamento egemonico, il problema della nocività dell’ambiente di lavoro.” Non si è limitato “ (…) a denunciare situazioni di rischio e a delegare chi di dovere ma (ha saputo) farsi carico, nell'ambito delle regole, di contribuire a modificare la nocività dei posti di lavoro con tutta la propria esperienza. L’obbiettivo era quello di creare dei posti di lavoro che permettessero di non avere conseguenze sulla salute e, in prospettiva, di esprimere il massimo delle loro capacità produttive come esseri pensanti. (…) La dispensa ha richiesto un certo numero di anni, cinque come minimo. Da quale esigenza nasceva? dalle situazioni nocività di fatto è ancora più dalla domanda di cambiare la situazione al lavoro in senso ergonomico. L'ergonomia, come approccio scientifico e come disciplina, nasceva in quegli anni in Europa e in America. Il riferimento: "adattare il lavoro all'uomo".

Il movimento sindacale italiano ha scritto nella storia un capitolo che nessun altro paese ha saputo scrivere in termini di lotta per adattare all'uomo che lavora il suo posto di lavoro.(…) Io avevo delle conoscenze mediche, loro avevano delle conoscenze che permettevano di" “indovare” (individuare il dove “unico”, il contesto concreto) i rapporti fra la situazione produttiva e la situazione di salute. (…) Lo scambio avveniva in molti modi. Il problema fondamentale che si pose allora: comunicare fra un medico e dei lavoratori a proposito della situazione di lavoro e delle malattie che ne potevano derivare. (…) abbiamo dovuto prendere atto che i problemi che avevamo di fronte non erano comprensibili né con il linguaggio medico, né con il linguaggio operaio sindacale allora attuali. Dovevamo costruirne uno nuovo che potesse servire come interfaccia fra la rappresentazione della condizione di lavoro da parte degli operai e la conoscenza della comunità scientifica medica, che astraeva dai posti di lavoro concreti, perché non li conosceva. Abbiamo (inventato) la tecnica delle "istruzioni al sosia". Si trattava di dare le istruzioni su quello che si faceva rispondendo alla domanda: "fa' conto che io sia il tuo sosia, immagina che io debba sostituirti nel tuo lavoro in modo che non ci si accorga che non sei tu". Abbiamo costruito così gli elementi essenziali della dispensa".

La dispensa è stata testata attraverso anni di formazione alla scuola sindacale, la quale ha svolto la funzione essenziale di creare il linguaggio comune a tutta la classe operaia per discutere e contrattare la trasformazione del posto di lavoro. Che cosa è scaturito dall'uso della dispensa è rappresentato dal materiale del CRD (Centro Ricerche e Documentazione rischi e danni da lavoro). Questo materiale è (…) ancora tutto da elaborare, soprattutto in funzione dell'utilizzazione che può essere fatta per approntare degli strumenti che permettano ai giovani di utilizzare, nell'ambito delle loro esigenze, l’ esperienza legata alle lotte per migliorare l'ambiente di lavoro in Italia.

Se in un prossimo futuro questo materiale fosse disponibile on-line, ciò significherà continuare, ed in condizioni migliori il lavoro di scambio fra lavoratori ed esperti dell'organizzazione del lavoro di tutto il mondo, in tempo reale. Fra gli altri, i medici, non solo del lavoro ma anche di base gli unici che hanno la possibilità di considerare dal punto di vista medico l'uomo nella sua totalità e nella sua quotidianità.
La domanda essenziale (…) pone il problema generale a tutti, compresa la comunità scientifica, non solo ai lavoratori, di quale sia la rappresentazione scientifica valida delle malattie professionali che io definisco come le malattie sicuramente eliminabili. L’intervista termina con la manifesta convinzione “(…) che le situazioni lavorative concrete ben note agli operai interessati, fanno parte essenziale delle conoscenze scientifiche.”

Uno dei contributi più rilevanti e innovativi allo sviluppo della società italiana espresso dal sindacato è stata la cultura della prevenzione dei rischi e della partecipazione dei lavoratori alla salvaguardia della loro salute. Ciò ha determinato cambiamenti epocali nella tutela del lavoro e un profondo rinnovamento nel sistema sanitario. Una rivoluzione culturale che ebbe il suo apice nelle lotte a cavallo tra gli anni ’60 e ‘70, concretizzata poi in specifiche conquiste contrattuali e legislative (come l’articolo 9 dello Statuto, relativo al diritto dei lavoratori a partecipare alla prevenzione in azienda), fino a influenzare fortemente la legge istitutiva (1978) del SSN.

Non varrebbe la pena di utilizzare l’orgoglio della partecipazione, non solo presente nella non delega ma anche in un seminario delle 150 ore degli anni settanta nel quale gli operai più attivi della Mirafiori hanno saputo concludere in modo unanime che fra la Fiat Mirafiori, il Comune di Torino e USL la situazione più produttiva e democratica era quella di Mirafiori perché quello che definisce la democrazia è l’uomo col suo impegno e la sua esperienza?

Non varrebbe la pena di documentarci per una “restituzione” su tutto quello che all’estero è già derivato da una esperienza nata alla Mirafiori, a Torino, (che ha significato quello che durante le celebrazioni del centenario della CGIL è stato riconosciuto), che ha prodotto per esportazione da parte nostra, in ambienti più adatti, l’integrazione con altre esperienze, in particolare in Francia ed oggi per iniziative reciproche in America Latina e forse altrove?

Per ricuperare tutto quello che è stato fatto in Italia . In primo luogo mettendo on line tutto il materiale che l’ISPELS ha ricevuto dal CRD (Centro Raccolta e Documentazione) rispetto alle lotte operaie sull’ambiente.
Per conoscere quello che a partire dal modello italiano è stato fatto all’estero integrandosi con un ambiente più adatto.
Per costruire attorno al SSN una cultura di partecipazione di fatto, attiva come quella sull’ambiente di lavoro negli anni sessanta.

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